Gatsby è mistero. Nessuno lo conosce, nessuno sa chi sia. Si circonda di persone a lui indifferenti nello sfarzo di feste rumorose, rinchiudendosi nell'intima riservatezza che solo quel tipo di feste può concedere. A solo una persona permette di avvicinarsi, colui che, pur non desiderandolo, si farà narratore della sua vita e della sua speranza.
Baz Luhrmann firma la regia del nuovo remake de "Il grande Gatsby", tratto dall'omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, uno fra i più grandi della letteratura americana.
Questo regista da' un significato tutto suo alla parola "grandiosità", che si rispecchia in ogni elemento della storia, dalle feste in casa Gatsby, alla luminosa New York. La Grande Mela gettata a capofitto nei grandiosi anni '20, mai intaccata dal proibizionismo e, anzi, del tutto intenzionata a vivere rumorosamente il momento. Così in ogni attimo si incontrano suonatori di jazz dalle trombe lucenti e danzatori di charleston in abiti cangianti, che colorano vividamente l'atmosfera, rendendola una surreale miscellanea di emozioni e visioni, cozzando con forza con la realtà più povera, quella delle miniere che circondano la città, che separano nettamente dalla ricchezza pomposa di West Egg, dove la vicenda inizia e si sviluppa.
E' infatti lì che Nick Carraway incontra l'uomo destinato a sconvolgere ogni sua convinzione, ovvero il misterioso Gatsby, il cui volto è Leonardo DiCaprio, convincente fino in fondo, che regala una rappresentazione malinconica del personaggio, mostrando in ogni istante, velatamente, il suo vero aspetto, intimo e celato, e il rapporto di amicizia che lo lega a Nick, interpretato con bravura da Tobey McGuire.
I personaggi sono studiati con attenzione tutta concentrata sulla loro interiorità e sugli effetti che le azioni intrapresi da se stessi o dagli altri hanno su di loro.
Vengono estrapolati quindi dal libro gli elementi che meglio rendono tutto ciò, le immagini che imprimono con più forza la lezione delle loro esistenze.
Esistenze vane di persone assorbite in un mondo che non concede nulla, ma prende solo, ispirate da valori inconsistenti e ripiegate in se stesse, di persone che accettano con sicurezza le menzogne e di persone che guardano verso una luce verde irraggiungibile con una speranza incrollabile.
Ogni vita che attraversa i fotogrammi di questa pellicola è vuota e fissa, come lo sguardo del cartellone pubblicitario dello studio oculistico, che osserva come un dio falso, come è giusto che sia, e giudica le loro azioni.
La colonna sonora è sicuramente interessante. Durante i party sfrenati e le corse in auto, risuonano le voci di Will.I.Am, Beyoncè, Florence and the Machine, diventando la musica che sostituisce in quasi ogni momento le note acute del jazz, quasi a sottolineare la continuità di quella realtà con la nostra, come a dire che la storia si sta ripetendo tutt'ora, mentre ci facciamo assorbire dalla vanità.
Un film soddisfacente, sotto tutti i punti di vista, che sa regalare emozioni forti e una grande introspettività per i personaggi, anche per quelli secondari, con l'intento di svelarne l'intimo aspetto e di far precipitare dall'alto dei loro ricchi seggi coloro che si sono alzati al di sopra di chiunque senza averne il diritto.
Echo
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