martedì 20 gennaio 2015

CINEMATICO: LA TEORIA DEL TUTTO

Ogni storia si piega al passaggio del tempo, che assembla e scompone gli eventi e le persone, mutando il proprio corso, fin dalla nascita dell'universo, riguardo alla quale Stephen Hawking ha votato la propria vita allo studio, cercando di comprenderne l'inizio e l'espansione, le singolarità che lo caratterizzano, cercandone l'equazione fondamentale.
Lui, colpito dalla malattia del motoneurone, che lo costrinse alla paralisi e alla condanna ad una vita troppo breve, almeno secondo i medici dell'epoca.

La biopic a lui dedicata, tuttavia, si concentra in special modo sulla sua vita personale, sull'amore e sul matrimonio con Jane, compagna della maggior parte della vita. Ispirata dalla biografia scritta proprio da lei, il film si compone di ritagli dei momenti più importanti, l'uno a fianco dell'altro, fra difficoltà e affetto.

Redmayne è un degno Hawking, equilibrato fra la malattia e il carattere allegro e giocoso, somigliante sia nel fisico che nelle azioni, supportato sullo schermo dalla giovane Felicity Jones, interprete di Jane, il cui ruolo si impone fortemente per tutta la pellicola, mai messa da parte, ma dimostrandone l'importanza nell'esistenza dello scienziato, presente passo a passo.
Il cast è il maggior punto di forza, garantendosi un posto alla notte degli Oscar, capace di reggere i rapidi cambi di atmosfera senza sbagliare mai.

Jóhann Jóhansson firma la colonna sonora, anch'essa candidata all'Oscar, meravigliosa e dolce, delicata ma emozionante, cornice perfetta per ogni immagine.

La regia di James Marsh, noto per i documentari e vincitore di un oscar per Man on Wire, di solito molto vicina alla realtà delle storie che racconta, qui risente della presenza della casa di produzione, famosa invece per le commedie romantiche. La storia, quindi, si colora dei toni del rosa, mettendo al primo posto l'amore, come già detto, ma in modo troppo stucchevole, poco credibile, idealizzando la vicenda, fino al finale candido fino all'eccesso.
Comunque sia, la scelta di inquadrature e di montaggio si risolve in una grande poeticità, con l'universo sempre presente, richiamato da immagini splendide che si fondono elegantemente con la quotidianità, e il tempo viene riavvolto, fermato, manipolato, mentre Stephen ne dipana piano i misteri, mostrando ancora una volta alla fine ogni passo compiuto per arrivare ad oggi.

Un film dunque ben riuscito, gentile nel suo fluire lento, da vedere.



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