Durante le riprese di un film sulla vita di Cristo vista dagli occhi di un legionario, il divo Baird Whitlock viene rapito da un gruppo comunista. Da qui si snodano le vicende narrate in Ave, Cesare! ultimo lavoro dei fratelli Coen, caratterizzato come sempre dal loro gusto per il surreale e irregolare, dall'anarchia di una narrazione senza schema.
Dalla trama principale, che in fondo si risolve con ovvia semplicità, si dipanano diverse storie, suddivise quasi in sketch, dove grandi nomi del cinema moderno (Scarlett Johannson, Ralph Fiennes, Channing Tatum e molti altri) si alternano in un cabaret di situazioni assolutamente reali, ma narrate con toni provocatori e visionari, che le trasformano in pantomime sì della cinematografia degli anni '50, ma anche del cinema contemporaneo, nella sua logica consumista.
Il protagonista, il punto fìsso di quest'opera, è il produttore Eddie Mannix (Josh Brolin in un'ottima interpretazione), che vaga per i set nel tentativo di risolvere i problemi che capitano quotidianamente, dall'attrice che rimane incinta senza essere sposata, al rapimento di una delle sue star di spicco, entrando e uscendo da set diversi, lasciando l'antica Roma e immergendosi in un musical marinaresco, uscendone poi per tornare nel suo ufficio, quasi visitando mondi paralleli, creati dalla finzione hollywoodiana che sempre fa sognare tante persone in giro per il mondo.
Nel suo vagare Mannix però deve anche affrontare una grande crisi di coscienza, che lo spinge a rivalutare la sua vita e quel che ha costruito, similmente alla crisi di coscienza del legionario del suo film in produzione, che lo spinge a considerare una nuova offerta di lavoro per un'azienda, il cui rappresentante ammette essere stata legata alle sperimentazioni della bomba h.
I Coen costruiscono una storia che è sia una critica alle meccaniche del cinema, dove i divi devono seguire le direttive pubblicitarie che programmano la loro vita e il loro futuro, dove i meriti non sono distribuiti equamente e le persone nascondono se stesse dietro a bugie e recitazione, e sia un elogio a quest'arte, che incanta e meraviglia sempre, che sempre continuerà a raccogliere intorno a se spettatori entusiasti e sognatori, mostrato senza estremismo di alcuna sorta, ma nel bene e nel male con misuratezza e visione disincantata, esponendo i meccanismi che lo muovono senza nascondere nulla, ma senza celare l'amore che si prova per un buon film, senza privare delle grandi emozioni che una scena ben recitata può smuovere in chi guarda, esibendo quindi il dualismo di quel mondo con irriverenza bonaria.
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